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Parigi pronta a vietare il burqa

Ultimo Aggiornamento: 11/11/2010 10:27
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25/09/2009 10:33

Treviso, una cliente protesta: "Mi mette a disagio non vedere
la gente in faccia". Il direttore: suo diritto. Sindaco: caso isolato

PIEVE DI SOLIGO (Treviso) - "E vedo questa persona, dico persona perché nemmeno so se era una donna o un uomo. E mi inquieta, mi inquieta parecchio, mi fa anche un po' paura". Un fantasma al supermercato Bennet, un fantasma col carrello della spesa. La signora Marisa, casalinga, protesta. Si appella alla legge che vieta di girare in pubblico col viso coperto. Chiede che si intervenga. Che si chiamino i carabinieri. Che qualcuno scopra il volto a quella "persona". Non interviene nessuno, nessuno "ha disposizioni". La signora Marisa se ne va, con lei esce quella "persona", non si parlano. Un nuovo caso a pochi giorni dalla protesta assai più movimentata di Daniela Santanché a Milano. Caso anche raro, se è vero quel che dice il sindaco Fabio Sforza: "Mai visto una donna col burqa da queste parti, dove pure di islamici ce ne sono parecchi".

Eppure succede, se ne discute, succederà di nuovo. Diciamo un episodio senza schiamazzi, niente a che vedere con quella volta che - qualche anno fa - il sindaco-sceriffo di Treviso Gentilini dichiarò una guerra personale alle donne velate. Ma è proprio la cornice modesta, domestica, di una spesa al supermercato a far drizzare le antenne. Il "disagio" davanti a una persona che non si lascia vedere, addirittura la paura. Paura di un fantasma sconosciuto.
Razzismo? Il solo a pronunciare la parola è Sandro Michelet, direttore del supermercato, che all'Ansa dichiara: "Fare la spesa è un diritto di quella donna. Noi non siamo razzisti e non troviamo nulla di male se uno osserva le sue tradizioni". E aggiunge la nota professionale: "Fra l'altro quella donna frequenta il negozio da tempo, accompagnata dal marito". La signora Marisa non accetta: "Nemmeno io sono razzista, ci mancherebbe. Ho vicini e amici musulmani, che vengono a cena a casa mia. Sono praticanti. Io conosco i loro precetti alimentari, e mi adeguo. Per esempio, non uso aceto perché è fatto col vino".

Quindi, più che sull'eventuale razzismo, bisogna discutere di quella "paura", di quel "disagio" nel vedersi accanto una donna coperta da capo a piedi. Ma quando mai si può avere paura di una donna che fa la spesa col marito? Marisa racconta, ed è un racconto fosco: "Vedo questa persona, accompagnata da un uomo con la barba lunga. Lei aveva un mantello marron fino ai piedi, spuntavano solo le scarpe basse, specie di scarponcini, e un pezzetto dei pantaloni neri. Aveva guanti neri. Il viso era coperto da un velo nero fino a metà busto, con appena una fessura per gli occhi". Pakistani, probabilmente. "Personalmente mi infastidisce che una donna, se era una donna, vada in giro come se fosse da nascondere. Mi mette a disagio non vedere la gente in faccia".

Va allo sportello, parla con due ragazze e con il direttore: "C'è una donna così e così, non mi pare corretto che circoli a viso coperto. Loro, giustamente, non sapevano che cosa fare. La cosa è finita lì". Era la prima volta di questo "fastidio"? "Sì, qui ce n'è davvero pochissime che vanno coperte in quel modo. Le mie amiche islamiche vanno coi capelli nascosti, ma il viso è libero". La prima volta che questa paura viene allo scoperto, e cresce alimentata da "buoni propositi" di libertà. Non ci sarà un seguito: "Sono una donna libera, e non voglio vedere le donne trattate a quel modo. Non faccio politica, non sono iscritta a partiti, e se proprio lo si vuol sapere non ho mai votato a destra".

Il clamore innescato dalla Santanché, comunque, qualcosa ha smosso. La signora Marisa dice solo: "Concordo con lei, fra molte virgolette, se davvero vuole abolire il burqa in Italia. Lo intendo come una liberazione delle donne da questa imposizione, se è un'imposizione. La legge che vieta di andare a viso coperto esiste, e certo se lei vuole entrare in una banca con un passamontagna o col casco integrale qualche problema ce l'avrà. O no?". Una battaglia di libertà? "Dico solo: spero che casi come questo servano a chi viene in Italia, per non essere costretta. E se la legge può essere un escamotage per liberarle, ebbene si usi, e queste donne sappiano che da noi non si fa così". Difficile, comunque, che la discussione divampi qui a Pieve di Soligo. Ma se si comincia a chiedere che i carabinieri scoprano a forza il volto di una donna velata, forse c'è da preoccuparsi davvero.

Il sindaco Fabio Sforza, che guida una giunta Pdl-Lega, smorza: "Qui gli islamici sono soprattutto del Bangladesh, e le loro donne vanno vestite con veli coloratissimi e molto belli da vedere". Ci sono anche molti che vengono dal Marocco, come il signor Mohamed che entra al Bennet insieme alla moglie e a due bambini. La donna ha il velo nijab, e il viso scoperto. "Dico la verità - è il parere di Mohamed, pizzaiolo in cerca di lavoro - A me vedere una donna col burqa dà molto fastidio. Una volta in un negozio ne hanno fermata una, perché sotto il mantello nascondeva roba rubata". Dove, qui a Pieve di Soligo? "Ma no, al mio paese, in Marocco".

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25/09/2009 11:28

meno male non la mettono a disagio i motociclisti col casco integrale altrimenti dovrebbero produrli in materiale trasparente.

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Grazie all'umorismo si può sdrammatizzare ogni cosa.
Voi direte che non è vero, su certe cose non si può ridere... per esempio lo stupro.
Ah no? Allora sentite qua: immaginate Stanlio che stupra Ollio! (Daniele Luttazzi)

Qui non si fanno distinzioni razziali.
Qui si rispetta gentaglia come negri, ebrei, italiani o messicani!
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KEINE GEGESTAENDE AUS DEM FENSTER WERFEN
IS DIE BENUTZUNG DES ABORTES NICHT GESTATTET



25/09/2009 14:19

Re:
il tobas, 25/09/2009 11.28:

meno male non la mettono a disagio i motociclisti col casco integrale altrimenti dovrebbero produrli in materiale trasparente.




Col burqa non si va in giro in moto. E cmq col casco non vai in giro per i supermercati...se non sei armato e malintenzionato [SM=x44467]
25/09/2009 14:27

a me invece...
... danno fastidio quelli che fanno la fila con me e non si sono fatti la doccia negli ultimi 3 giorni. Dite che posso chiedere al direttore del supermercato il loro allontanamento?


[SM=x44452]
[Modificato da squonkie 25/09/2009 14:27]
25/09/2009 14:28

Re: a me invece...
squonkie, 25/09/2009 14.27:

... danno fastidio quelli che fanno la fila con me e non si sono fatti la doccia negli ultimi 3 giorni. Dite che posso chiedere al direttore del supermercato il loro allontanamento?


[SM=x44452]




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25/09/2009 14:35

Re: a me invece...
squonkie, 25/09/2009 14.27:

... danno fastidio quelli che fanno la fila con me e non si sono fatti la doccia negli ultimi 3 giorni. Dite che posso chiedere al direttore del supermercato il loro allontanamento?


[SM=x44452]




Mi sa che al massimo ottieni...

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27/01/2010 12:31

La commissione del Parlamento: «Il velo offende i valori francesi»

PARIGI
La Francia è ad un passo dal vietare il burqa negli uffici e nei trasporti pubblici. La commissione ad hoc istituita dal Parlamento per studiare il fenomeno ha consegnato oggi il suo atteso rapporto, raccomandando di vietare il velo islamico che copre interamente il volto delle donne, negli ospedali, nei trasporti, negli uffici statali e nei dintorni delle scuole. «La dignità della persona e l’uguaglianza assoluta tra l’uomo e la donna» sono valori essenziali della Francia, ha ricordato oggi il presidente Nicolas Sarkozy, da sempre favorevole al divieto. Ed invece il velo integrale, è scritto nel rapporto, «offende i valori della Repubblica», è una pratica «inaccettabile» che minaccia «la dignità della donna».

Per la commissione, che ha avanzato in tutto 18 proposte, bisognerebbe adottare una risoluzione (non giuridicamente vincolante) che «proclami che tutta la Francia dice no al velo integrale e chiede che questa pratica sia proibita sul territorio della Repubblica». Consiglia poi il varo di una «disposizione» che vieti di «dissimulare il viso nei luoghi pubblici». «Le persone - si legge - saranno non soltanto costrette a mostrare il volto all’ingresso degli uffici pubblici, ma anche durante la loro permanenza». Tra le proposte, anche una modifica alla legge sul diritto d’asilo degli stranieri che vieti il permesso di soggiorno a quanti manifestano pratiche religiose estremiste.

Il clima non era disteso oggi in Parlamento, dove la scelta dello strumento giuridico da usare non vede d’accordo la maggioranza e divide anche i socialisti. Alcuni deputati della destra hanno denunciato una «legge a metà». Ma un divieto totale potrebbe porre di fatto dei problemi giuridici: Parigi rischierebbe una censura del Consiglio costituzionale e una condanna della Corte europea dei diritti dell’uomo. Il rapporto di 200 pagine comunque conclude sei mesi di lavori della commissione presieduta dal deputato comunista Andrè Gerin, ma non chiuderà gli accesi dibattiti e le polemiche su un tema caldo in Francia, dove vivono circa sei milioni di musulmani. La legge non andrà probabilmente in discussione prima delle elezioni regionali di marzo e riguarderebbe solo una minoranza di persone.

Sono meno di 2.000 le donne a portare il velo integrale, burqa o niqab, in tutto il paese. Ma i due terzi dei francesi vorrebbero vederlo abolire ovunque, anche nelle strade. Le tensioni poi restano tante. A dimostrarlo ancora oggi le minacce di cui è stato vittima l’imam della moschea di Drancy, Hassen Chalghoumi, personalità aperta al dialogo interreligioso e favorevole alla legge anti-burqa. Ieri sera un commando di un’ottantina di persone ha fatto irruzione nella sua moschea e gridato insulti e anatemi davanti a 200 fedeli.

I toni del rapporto di oggi restano prudenti. La commissione non si spinge fino a proporre una «legge generale e assoluta». Mancava, spiegano, il consenso «unanime» del gruppo. Certo il divieto gode dell’appoggio del presidente Nicolas Sarkozy che mesi fa lanciò una frase diventata celebre: «Qui il burqa non è benvenuto». Per ribadire la sua posizione, Sarkozy ha scelto di visitare la sezione musulmana del cimitero di guerra Notre-Dame de Lorette: «Non lascerò mai - ha detto - che i cittadini musulmani di Francia siano stigmatizzati».

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27/01/2010 12:33

Carfagna: "Anche l'Italia imporrà il divieto"

Il ministro per le Pari opportunità: «Tempi brevi, il Pd collabori con noi»
MARIA CORBI
ROMA

L’Italia come la Francia: mai più donne velate. E’ il ministro Mara Carfagna a promettere un provvedimento in tempi brevi: «Il velo integrale non è una libera scelta delle donne, ma un segno di chiara oppressione». Non ha dubbi, incertezze la ministra delle Pari Opportunità che vuole rendere «pari» anche le donne immigrate in Italia insieme al burqa.

Ministro, a quando una legge italiana per vietare il velo integrale?
«Spero che la decisione francese possa servire da spinta anche per l’Italia dove alla Camera in commissione Affari costituzionali si sta discutendo una proposta di Souad Sbai, presidente dell'Associazione Donne Marocchine in Italia e deputata Pdl, che va a modificare la legge 172 del 1975, che vieta l’uso di indumenti, come i caschi e i passamontagna, per esempio, che rendono impossibile l’identificazione delle persone. Occorre inserire burqa e niqab visto che la giurisprudenza negli anni, derogando dalla legge, li ha giustificati perché legati a pratiche devozionali».

Tempi lunghi...
«Mi auguro di no. Penso che, anche nell'ambito della legge sulla cittadinanza, ci saranno norme adeguate che vietino di indossare il burqa nei luoghi pubblici, e che magari si decida di negare la cittadinanza a chi costringe la moglie a velarsi. Solo così ci potrà essere vera integrazione».

Qualcuno potrebbe obiettare che il velo è un simbolo religioso come lo è per i cattolici il crocifisso.
«Non scherziamo. Sono cose imparagonabili. Il burqa non è un simbolo religioso, come hanno riconosciuto anche autorevoli autorità religiose dell’Islam, bensì un atto di sopraffazione dell'uomo sulla donna. Un modo, come dico spesso, per renderla una minorenne a vita. Vietare il burqa è un modo per aiutare le giovani immigrate a uscire dai ghetti dove vorrebbero costringerle».

Pensa di avere un appoggio trasversale in Parlamento?
Sesa Amici, del Pd, ha già messo le mani avanti dicendo che non c’è fretta e bisogna procedere con prudenza e, soprattutto, senza nessuna preclusione ideologica, visto che tocca direttamente la vita intima delle donne...

«Sono d’accordo sulla prudenza per non provocare rivendicazioni identitarie. Ma credo che di fronte al dovere di tutelare le donne non ci possano essere divisioni politiche. E confido in quell’unità che ha permesso di varare le leggi sulla violenza sessuale e sullo stalking».

Anche nel Pdl qualcuno non sembra entusiasta dell’idea. Fabio Granata sostiene che è un falso problema che riguarda un numero irrisorio di persone in Italia.
«Anche se ne riguardasse una sola il problema esisterebbe, perché l’imposizione di burqa e niqab riporta indietro la lancetta dell’emancipazione delle donne nel nostro Paese. E fino a che anche solo una donna dovrà accettare un matrimonio combinato, il velo o il potere assoluto del marito, non ci potrà essere integrazione».

Il burqa, è la conclusione del rapporto francese, offende i valori nazionali del Paese. E’ d’accordo anche per l’Italia?
«Sono d’accordo, se per valori nazionali si intendono le conquiste di libertà e di civiltà».

Se venisse varata la legge anti burqa anche in Italia potremmo avere un effetto paradosso, di donne che non saranno più prigioniere solo di un velo ma di pareti domestiche. Potrebbero, per esempio, rifiutarsi di andare anche in un ospedale. Come pensate di fare?
«In Francia il rapporto suggerisce l'adozione di una disposizione che “assicuri la protezione delle donne costrette” a indossare il burqa. Potremmo adottare una soluzione del genere anche noi e possiamo iniziare potenziando i centri di accoglienza che già accolgono e proteggono molte donne immigrate. Si possono fare molte cose. Si devono fare. Presto».

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27/01/2010 12:34

Minacce all'imam contrario al velo integrale
Commando di 80 islamici
fa irruzione nella moschea:
"Liquideremo questo caso"
PARIGI
Hassen Chalghoumi, l’imam della moschea di Drancy (non lontano da Parigi) che nei giorni scorsi si era schierato a favore di una legge che vieti l’uso del burqa, è stato colpito da dure minacce. Un commando di circa 80 persone con i volti mascherati ha fatto irruzione ieri sera nella moschea di Drancy, nella regione parigina, pronunciando pesanti minacce al suo indirizzo.

Chalgoumi è un grande sostenitore del dialogo interreligioso (soprattutto tra ebrei e musulmani), e si è recentemente pronunciato per il divieto del burqa in Francia sostenendo, spiega il quotidiano "Le Parisien", che il velo integrale non è una prescrizione del Corano. «Quando ha fatto irruzione il commando di 80 persone con il volto coperto - ha detto all’Agenzia France Presse un consigliere della Conferenza degli imam, presieduta dallo stesso Chalghoumi, che ha richiesto l’anonimato - nella moschea si trovavano circa 200 fedeli. Hanno forzato il passaggio e si sono impossessati dei microfoni dopo un tafferuglio. A quel punto hanno indirizzato minacce e anatemi contro l’Imam, trattandolo da miscredente e apostata e affermando: liquideremo il suo caso, a questo imam degli ebrei...».

Lanciata nel 2009, la conferenza degli imam è un collettivo che promuove un «dialogo interreligioso e la promozione dell’Islam aperto». Hassen Chalghoumi si è detto favorevole nei giorni scorsi al divieto del burqa dichiarando che il velo integrale è «una prigione per le donne, uno strumento di dominazione sessista e di reclutamento islamista».

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27/01/2010 12:35

Burqa, le leggi europee
La questione del velo islamico provoca reazioni piuttosto simili nei paesi dell'Unione europea
La Francia si sta avviando a vietare il velo che copre interamente il volto delle donne.
Ma come si stanno muovendo gli altri paesi europei su questo fronte?

Italia, Paesi Bassi e Danimarca sono le nazioni in cui attualemte sono in discussione proposte di legge per regolare l'uso del velo integrale: la tendenza globale che si riscontra è di limitarne l'uso nei luoghi pubblici.

In Italia, una legge del 1975 vieta di coprirsi il volto con fazzoletti e caschi quando ci si tova in luoghi pubblici per ragioni di ordine pubblico. Negli ultimi tempi non sono pochi i sindaci della Lega che si sono richiamatia questa legge per vietare l'uso del burqa attraverso regolamenti locali. La Lega ha presentato un disegno di legge a riguardo nell'ottobre scorso che prevede fino a 2000 euro di multa per chi "in ragione della propria fede religiosa rendono difficile o impossibile la propria identificazione". Questa norma varrebbe quindi non solo per il burqa, ma anche per il cosiddetto "burqini", il costume da bagno indossato dalle donne musulmane osservanti.

Anche in Olanda ci sono diversi progetti di legge per vietare i veli che coprono integralmente il volto, sia come burqa vero e proprio, sia come niqab, il velo che lascia scoperti esclusivamente gli occhi: in particolare se ne vuole vietare l'uso nei settori pubblici, istruzione e amministrazione in testa. Stessa tendenza si ha in Danimarca dove si sta discutendo l’opportunità di limitare l’uso del velo integrale negli spazi pubblici, a scuola e nei tribunali.
In Austria si è aperto ultimamente il dibattito, su proposta del ministro socialdemocratico della famiglia, Gabriele Heinisch-Hosek, preoccupata dal crescente numero di donne velate nel paese.

Diversa la tendenza in Belgio e Gran Bretagna. In Belgio non esistono leggi di carattere nazionale che regolino l'uso del velo, tuttavia molti comuni si appellano a ordinanze comunali che di fatto ne impediscono l'uso vietando di indossare maschere al di fuori del periodo di carnevale.
Anche la Gran Bretagna non prevede leggi che regolino l'uso del burqa e del niqab e il Governo ha inoltre affermato di non volere legiferare in materia a livello nazionale. E' possibile tuttavia per i direttori delle scuole vietare l'uso del niqab all'interno degli edifici scolastici.

Sono quindi diversi gli Stati dell'Unione Europea alle prese con la questione del velo per le donne islamiche. Molti si stanno muovendo all'unisono, prevedendo leggi che ne limitino l'uso in luoghi pubblici a causa dell'impossibilità di riconoscere il volto della persona.

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27/01/2010 12:38

C'è velo e velo.

«Oh profeta, dì alle tue spose, alle tue figlie e alle donne dei credenti di coprirsi dei loro veli, così da essere riconosciute e non essere molestate» (Sura 33,59). «Dì alle donne di abbassare gli sguardi ed essere caste e di coprirsi con i veli del capo entrambi i seni; e di non mostrare ornamenti ad altri che ai loro mariti» e a una ristretta cerchia di familiari. (Sura 24,30-31) Sono i versetti del Corano che portano le donne islamiche a coprirsi (più o meno parzialmente a seconda dell'interpretazione che se ne dà). Di seguito le quattro principali tipologie.

Fonte



HIJAB: È il termine arabo, generico e in uso in tutti i Paesi islamici, per designare il velo che copre il capo e il corpo delle donne. La radice della parola significa velare, coprire, separare, sottrarre alla vista.






CHADOR: Parola persiana che significa tenda. È un ampio pezzo di stoffa a forma di semicerchio, lungo fino ai piedi e generalmente nero. Chiuso all'altezza del mento, lascia scoperto solo il viso e le mani. È usato tradizionalmente dalle donne sciite ed è diffuso soprattutto in Iran.






NIQAB: Caratteristico dei paesi musulmani sunniti, questo tipo di velo copre il volto della donna lasciando liberi solo gli occhi. Ne esistono diversi tipi. In Egitto, ad esempio, è nero e pesante. Nello Yemen e negli Emirati Arabi ha una forma particolare che consiste in una tunica intera infilata dalla testa che copre completamente il capo, volto e corpo.





BURQA: Velo che copre integralmente il corpo della donna. All?altezza degli occhi ha una reticella di cotone, unica finestra sul mondo esterno per le donne che lo indossano. È utilizzato, in colori diversi, soprattutto in Afghanistan.

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27/01/2010 12:38

Se lo Stato laico invade le identità

MICHELE AINIS
C’è una domanda che sale subito alle labbra, ora che la Francia s’avvia a vietare il burqa nei principali luoghi pubblici: sarebbe giusto importare ai nostri lidi il medesimo divieto? Sarebbe in sé desiderabile? E c'è un principio costituzionale sul quale possa fondarsi quel divieto? Quest’ultimo profilo chiama in causa la laicità delle nostre istituzioni, che a propria volta la Consulta (nel 1989) ha eretto a principio supremo dell’ordinamento giuridico italiano.

E tuttavia, per una volta almeno, meglio non affidarsi troppo alle parole, sia pure quelle scolpite sulle tavole di bronzo della legge. Nel panorama contemporaneo s'incontrano Costituzioni che si proclamano espressamente laiche (in Francia, in Russia, in Turchia), altre che viceversa s'aprono con l’invocatio dei (in Irlanda, in Grecia, in Svizzera, in Germania), pur essendo - talvolta - più laiche e liberali delle prime. D'altronde nel Regno Unito l’esistenza di una chiesa di Stato non offusca la laicità di quell’ordinamento, mentre la superlaica Francia spende palate di quattrini per finanziare il clero. Il fatto è che la laicità, come la democrazia, si lascia declinare in mille guise. Per misurarla bisogna valutarne le concrete applicazioni, più che le dichiarazioni di principio. Il modello francese è tra i più intransigenti nel vietare i simboli d'appartenenza religiosa, e infatti dal 2004 oltralpe c’è una legge che impedisce d'indossare a scuola non solo il velo islamico, ma pure la kippah o una croce un po’ troppo vistosa. Proviamo allora a soppesare gli argomenti a favore o contro tale soluzione. E proviamo a farlo - giustappunto - laicamente, senza preconcetti ideologici né tanto meno religiosi.

Primo: la sicurezza. Se ti copri fino ai piedi con un vestito afghano, come potrò esser certo che non nascondi sotto il burqa qualche chilo di tritolo? E come farò a identificarti, se del tuo volto posso vedere solo gli occhi? Preoccupazione legittima, ma allora per simmetria dovremmo proibire anche il passamontagna, il casco dei motociclisti, la maschera di Paperino a Carnevale. Dovremmo impedire la circolazione ai signori troppo intabarrati, con questo freddo poi, come si fa. No, non è la sicurezza l’alibi di ferro per importare quel divieto, lo prova il fatto che esso non s’estende ad altri tipi di mascheramento. E del resto consentire il burqa non significa consentire d'incollarlo al corpo con il mastice, se un poliziotto ti chiede di sollevarlo per guardarti dritto in faccia, tu comunque hai l'obbligo di farlo.

Secondo: la tutela delle islamiche rispetto alla prepotenza del gruppo cui appartengono. Difatti il burqa evoca un atto di sottomissione, la condizione della donna come figlia di un dio minore. Vero, due volte vero; ma siamo certi che sia giusto proibirlo anche quando chi l’indossa abbia deciso spontaneamente di vestirsene? Non c’è forse l'ombra di un imperialismo culturale in tale atteggiamento? Non puzza un po’ di Stato etico, non è paternalistica l'idea che i pubblici poteri debbano liberare gli individui dai condizionamenti sociali o familiari? E perché allora non vietare pure il battesimo ai minori, la circoncisione dei bambini ebrei, la prima comunione? No, l'identità - di singolo e di gruppo - è sempre il frutto di una scelta, mai di un’imposizione; è questione culturale, che va aggredita quindi con strumenti culturali, non attraverso il bastone della legge. Sempre ammesso che sia desiderabile forgiare una società omogenea come un plotone militare. Ci aveva provato Mao Tse-tung, ordinando ai cinesi d’indossare tutti la medesima divisa. La nostra idea di laicità è l’opposto, muove dal diritto di vestirci un po’ come ci pare. Un Carnevale che dura tutto l'anno.

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30/01/2010 17:48

Re: Se lo Stato laico invade le identità
Ainis ritiene che uno stato laico sia uno stato senza principi. E' la classica situazione di una posizione sedicente progressista che, causa l'ottusità mentale di chi la sostiene, vine ridotta ad absurdum e diviene reazionaria.
Il carnevale perenne è quello che alberga nella mente di Ainis.

Arjuna, 27/01/2010 12.38:


MICHELE AINIS
C’è una domanda che sale subito alle labbra, ora che la Francia s’avvia a vietare il burqa nei principali luoghi pubblici: sarebbe giusto importare ai nostri lidi il medesimo divieto? Sarebbe in sé desiderabile? E c'è un principio costituzionale sul quale possa fondarsi quel divieto? Quest’ultimo profilo chiama in causa la laicità delle nostre istituzioni, che a propria volta la Consulta (nel 1989) ha eretto a principio supremo dell’ordinamento giuridico italiano.

E tuttavia, per una volta almeno, meglio non affidarsi troppo alle parole, sia pure quelle scolpite sulle tavole di bronzo della legge. Nel panorama contemporaneo s'incontrano Costituzioni che si proclamano espressamente laiche (in Francia, in Russia, in Turchia), altre che viceversa s'aprono con l’invocatio dei (in Irlanda, in Grecia, in Svizzera, in Germania), pur essendo - talvolta - più laiche e liberali delle prime. D'altronde nel Regno Unito l’esistenza di una chiesa di Stato non offusca la laicità di quell’ordinamento, mentre la superlaica Francia spende palate di quattrini per finanziare il clero. Il fatto è che la laicità, come la democrazia, si lascia declinare in mille guise. Per misurarla bisogna valutarne le concrete applicazioni, più che le dichiarazioni di principio. Il modello francese è tra i più intransigenti nel vietare i simboli d'appartenenza religiosa, e infatti dal 2004 oltralpe c’è una legge che impedisce d'indossare a scuola non solo il velo islamico, ma pure la kippah o una croce un po’ troppo vistosa. Proviamo allora a soppesare gli argomenti a favore o contro tale soluzione. E proviamo a farlo - giustappunto - laicamente, senza preconcetti ideologici né tanto meno religiosi.

Primo: la sicurezza. Se ti copri fino ai piedi con un vestito afghano, come potrò esser certo che non nascondi sotto il burqa qualche chilo di tritolo? E come farò a identificarti, se del tuo volto posso vedere solo gli occhi? Preoccupazione legittima, ma allora per simmetria dovremmo proibire anche il passamontagna, il casco dei motociclisti, la maschera di Paperino a Carnevale. Dovremmo impedire la circolazione ai signori troppo intabarrati, con questo freddo poi, come si fa. No, non è la sicurezza l’alibi di ferro per importare quel divieto, lo prova il fatto che esso non s’estende ad altri tipi di mascheramento. E del resto consentire il burqa non significa consentire d'incollarlo al corpo con il mastice, se un poliziotto ti chiede di sollevarlo per guardarti dritto in faccia, tu comunque hai l'obbligo di farlo.

Secondo: la tutela delle islamiche rispetto alla prepotenza del gruppo cui appartengono. Difatti il burqa evoca un atto di sottomissione, la condizione della donna come figlia di un dio minore. Vero, due volte vero; ma siamo certi che sia giusto proibirlo anche quando chi l’indossa abbia deciso spontaneamente di vestirsene? Non c’è forse l'ombra di un imperialismo culturale in tale atteggiamento? Non puzza un po’ di Stato etico, non è paternalistica l'idea che i pubblici poteri debbano liberare gli individui dai condizionamenti sociali o familiari? E perché allora non vietare pure il battesimo ai minori, la circoncisione dei bambini ebrei, la prima comunione? No, l'identità - di singolo e di gruppo - è sempre il frutto di una scelta, mai di un’imposizione; è questione culturale, che va aggredita quindi con strumenti culturali, non attraverso il bastone della legge. Sempre ammesso che sia desiderabile forgiare una società omogenea come un plotone militare. Ci aveva provato Mao Tse-tung, ordinando ai cinesi d’indossare tutti la medesima divisa. La nostra idea di laicità è l’opposto, muove dal diritto di vestirci un po’ come ci pare. Un Carnevale che dura tutto l'anno.

Fonte




No, l'identità - di singolo e di gruppo - è sempre il frutto di una scelta, mai di un’imposizione



certo, Michele. è per questo che il mondo è meraviglioso, e viviamo tutti felici e contenti

[Modificato da enricomolinaro 30/01/2010 17:51]

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La proibizione pubblica di burqa e niqab mi trova sostanzialmente d'accordo.
Mi spiace che sia un'idea che possa venire facilmente strumentalizzata in chiave antiislamica ...

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enricomolinaro, 30/01/2010 17.48:

Ainis ritiene che uno stato laico sia uno stato senza principi.




Sapessi quanti la pensano così ... [SM=x44458]

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Re:
paperino73, 01/02/2010 11.20:

La proibizione pubblica di burqa e niqab mi trova sostanzialmente d'accordo.
Mi spiace che sia un'idea che possa venire facilmente strumentalizzata in chiave antiislamica ...



Come concetto sono d'accordo, nel senso che è giusto che il volto sia scoperto.

Però una legge dove c'è scritto "sono vietati burqa e niqab" mi sembra un po' di parte. Se cammino con il casco integrale sono in regola, se cammino con il burqa no?

O si vieta il mascheramento con qualunque mezzo, dal burga allo scafandro, oppure mi pare una legge "contro qualcuno" e basta.

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01/02/2010 12:19

Re: Re: Se lo Stato laico invade le identità
enricomolinaro, 30/01/2010 17.48:




No, l'identità - di singolo e di gruppo - è sempre il frutto di una scelta, mai di un’imposizione



certo, Michele. è per questo che il mondo è meraviglioso, e viviamo tutti felici e contenti




Sarebbe più corretto dire che la presunta identità è sempre imposta.

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Re: Re: Re: Se lo Stato laico invade le identità
Arjuna, 01/02/2010 12.19:



Sarebbe più corretto dire che la presunta identità è sempre imposta.




da una rapida ricerca scopro che il michele è professore ordinario di diritto, il che lascerebbe supporre che debba aver letto quanto meno Pirandello al liceo... [SM=x44463]

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Arjuna, 01/02/2010 12.14:

Come concetto sono d'accordo, nel senso che è giusto che il volto sia scoperto.

Però una legge dove c'è scritto "sono vietati burqa e niqab" mi sembra un po' di parte. Se cammino con il casco integrale sono in regola, se cammino con il burqa no?

O si vieta il mascheramento con qualunque mezzo, dal burga allo scafandro, oppure mi pare una legge "contro qualcuno" e basta.




se l'obiettivo della legge è quello di garantire la sicurezza, sono completamente d'accordo con te.
se l'obiettivo è quello di vietare usi culturali e religiosi che contrastano con i principi occidentali, il paragone non è possibile farlo.

[SM=x44450]

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06/05/2010 11:45

Novara, con il burqa alle poste multa da 500 euro a tunisina

Applicata l'ordinanza anti velo integrale. Il riconoscimento effettuato da una vigilessa, il marito non voleva che la donna si mostrasse ad altri
dal nostro inviato PAOLO GRISERI

NOVARA - Ai vigili urbani che ieri le presentavano il verbale della multa, ha rivolto una sola richiesta: "Per favore, posso firmare fuori dal mio appartamento? Me lo chiedono le mie convinzioni religiose". Richiesta accettata: Amel ha firmato sul pianerottolo il documento che certifica la prima multa italiana per porto abusivo di burqa. Per la precisione la sua infrazione è quella di aver indossato il niqab, il velo che copre tutto il volto ad eccezione degli occhi. In questo modo Amel, tunisina di 26 anni, ha violato una recente ordinanza del sindaco leghista di Novara, Massimo Giordano: "Ho firmato il provvedimento - spiegava ieri Giordano - per ragioni di sicurezza ma anche per far sì che chi viene a vivere nelle nostre città rispetti le nostre tradizioni".

La storia della multa da 500 euro comminata ieri alla ragazza tunisina, comincia in autunno: "Un giorno - racconta il sindaco - ho incrociato per strada una ragazza totalmente coperta dal velo. Ho chiamato i carabinieri perché la identificassero. In quella occasione ho scoperto che ci sono delle falle nelle leggi italiane per cui chi circola così nascosto può sperare di farla franca. Allora ho scritto l'ordinanza: per vietare definitivamente che ci si possa presentare nei luoghi pubblici con il volto coperto". Un principio che varrebbe anche per chi si presentasse in ufficio con il casco da motociclista. Ma è ovvio che la battaglia sul burqa paga di più politicamente. Così venerdì scorso scoppia il caso. Accade in mattinata vicino all'ufficio postale di corso Trieste, nel quartiere di sant'Agabio, a ridosso della ferrovia, la zona popolare di Novara. La ricostruzione del comandate dei vigili urbani, Paolo Cortese, è precisa: "Una ragazza e il marito sono stati fermati da una pattuglia di carabinieri vicino all'ufficio postale. I militari hanno chiesto i documenti. Il marito ha fornito i suoi e successivamente ha presentato anche il passaporto della moglie. Naturalmente i carabinieri hanno chiesto di verificare se sotto il vestito ci fosse davvero la donna. L'uomo ha reagito: "La mia religione vieta a una donna di mostrarsi in pubblico di fronte a un uomo".


La discussione si anima. L'uomo pretende il rispetto di quelli che sostiene essere i principi dell'Islam. Il fatto che tutto si svolga di venerdì non favorisce atteggiamenti di compromesso. I carabinieri cercano aiuto nei vigili urbani. Arriva una vigilessa e si trova un accordo: Amel accetta di andare in un luogo appartato, lontano da possibili sguardi maschili, e mostra il suo viso alla funzionaria dei vigili urbani che constata la corrispondenza con la fotografia del passaporto. Tutto risolto? Naturalmente no perché Amel ha violato l'ordinanza quando si è presentata alla posta con il volto coperto. Dunque va punita con 500 euro di multa.

Rimane un punto interrogativo: è stata la donna a non volersi togliere il velo è o stato il marito a imporglielo? Il comandate dei vigili confessa di non saper rispondere: "Nella discussione ha sempre parlato il marito e non sappiamo se lei fosse o no consenziente". Il sindaco è soddisfatto? "Io spero sempre che non si arrivi a dover multare i cittadini. Ma in questo caso non abbiamo potuto farne a meno. C'è un problema di sicurezza e di tradizioni da rispettare". Eppure in molte città del mondo è consentito alle donne circolare con il volto coperto: "Lo so - risponde Giordano - ma Novara non è Londra".

Fonte

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