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RASSEGNA STAMPA ESTERA

Ultimo Aggiornamento: 13/12/2014 13:46
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L'ira della Ue contro la Farnesina
"Non può difendere un dittatore"

Frattini a Bruxelles con una doppia linea:
"Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di voler interferire".
Critiche Londra e Berlino.
Il New York Times: "Berlusconi scimmiotta i modi dei despoti arabi"



BRUXELLES - In Europa l'hanno ribattezzata "la schizofrenia di Rue Froissart". È l'ultimo ritrovato della diplomazia berlusconiana: all'ingresso nelle riunioni comunitarie (le auto delle delegazioni entrano appunto da Rue Froissart, sul lato del palazzo del Consiglio) il politico italiano di turno fa dichiarazioni benevolenti verso il dittatore sotto accusa.

Poi, in riunione, vota con gli altri un comunicato di condanna. È già successo all'ultimo vertice europeo, quando Berlusconi, arrivando alla riunione, ha cantato le lodi di Mubarak, per poi approvare una risoluzione di condanna delle repressioni ordite dal raìs egiziano. Era successo in precedenza, quando avevamo difeso il dittatore bielorusso Lukashenko, salvo poi appoggiare le sanzioni Ue alla Bielorussia.

È successo puntualmente anche ieri, con la Libia. Il ministro degli Esteri Frattini, subito dopo l'ingresso da Rue Froissart, ha difeso le ragioni della "riconciliazione" in un Paese dilaniato dalla guerra civile. "Spero che in Libia si avvii una riconciliazione nazionale che porti ad una Costituzione libica, come proposto da Seif al-Islam (il figlio di Gheddafi a capo della repressione, ndr)". Sempre prima di entrare nella sala del Consiglio, il ministro degli Esteri italiano ha messo in guardia l'Europa contro ogni tentativo di interferire negli affari libici: "Non dobbiamo dare l'impressione sbagliata di volere interferire, di volere esportare la nostra democrazia. Dobbiamo aiutare, dobbiamo sostenere la riconciliazione
pacifica: questa è la strada", ha spiegato ai giornalisti mentre l'aviazione del Colonnello bombardava i manifestanti. Ma poi, uscito dalla riunione, ha spiegato di condividere pienamente il comunicato finale che "condanna la repressione in corso contro i manifestanti", chiede "l'immediata fine dell'uso della forza" e difende "le legittime aspirazioni e le richieste di riforme del popolo libico", che devono essere soddisfatte "attraverso un dialogo aperto e inclusivo che porti ad un futuro costruttivo per il Paese e per il popolo". Insomma, se non si chiede esplicitamente l'allontanamento di Gheddafi, poco ci manca.

Quali siano le ragioni che spingono il governo berlusconiano a questo tipo di sdoppiamento, è cosa che a Bruxelles stentano a capire. Forse perché non hanno potuto apprezzare fino in fondo quanto sia consustanziale al berlusconismo la "politica dell'annuncio", che consacra la dicotomia tra fatti e parole.

Forse perché non hanno (ancora) letto l'editoriale di Roger Cohen sul New York Times, che racconta come "Berlusconi scimmiotta i modi dei despoti arabi confondendo se stesso con la Nazione". Ma ormai la "schizofrenia di Rue Froissart" è diventata uno dei divertissements dei diplomatici europei, sempre pronti a sorridere dell'Italia.

Per essere onesti, questa volta Frattini qualche debole tentativo di difendere "l'amico Gheddafi" lo ha fatto anche nel corso della riunione, spalleggiato solo dal collega maltese. Del resto anche Berlusconi all'ultimo vertice, durante la colazione di lavoro, si era speso in una imbarazzante quanto inutile eulogia di Mubarak.

Questa volta, il nostro ministro degli Esteri ha dovuto battersi contro britannici e tedeschi, che volevano rendere ancora più duro ed esplicito il comunicato finale. Il ministro degli Esteri finlandese, Alexander Stubb, si era spinto fino a chiedere il varo di sanzioni immediate contro il governo libico. Ma alla fine i "falchi" non l'hanno spuntata. "Oggi dobbiamo parlare di dialogo nazionale di riconciliazione - ha spiegato soddisfatto il ministro italiano - non creare le condizioni per un nuovo scontro con decine di migliaia di cittadini europei che vivono in Libia".

Ma anche la delegazione italiana ha dovuto inghiottire qualche rospo. Una proposta, avanzata dal ministro maltese e sostenuta dall'Italia, voleva inserire nel comunicato finale una frase in cui l'Unione europea "riconosce pienamente i diritti sovrani della Libia e la sua integrità territoriale". L'idea, nonostante le premesse di Frattini sulla non interferenza, era forse quella di sottolineare il pericolo di una spaccatura del Paese tra la parte orientale e quella occidentale. Ma molti ministri hanno fatto osservare che, come ha spiegato il belga Steven Vanackere, "riconoscere la piena sovranità dei libici in questo momento equivale a legittimare il massacro dei dimostranti come un affare di politica interna su cui non si può interferire".

Di fronte a questa obiezione, Italia e Malta hanno dovuto rinunciare alla loro richiesta. Ma non importa. "Sono un ministro europeo e mi riconosco pienamente nella dichiarazione che abbiamo sottoscritto. Anche il comunicato finale parla della necessità di una riconciliazione nazionale". Nel comunicato finale, però, la parola "riconciliazione", tanto cara all'Italia, proprio non compare. Si deve essere persa in Rue Froissart.

Fonte: Repubblica

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