Grano e petrolio calano, ma pane e benzina aumentano

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Arjuna
00giovedì 24 settembre 2009 10:42
"Dai campi alla tavola prezzi quintuplicati"

Coldiretti accusa il monopolio della grande distribuzione

FABIO POZZO
TORINO

«Dal campo alla tavola i prezzi degli alimenti aumentano in media cinque volte, con rincari che sono superiori per nove al valore medio dell’inflazione. E questo, nonostante l’anno abbia visto crollare drammaticamente i prezzi alla produzione». La denuncia è di Coldiretti, che indica anche la causa di tale meccanismo: «la grande distribuzione, che controlla una quota di mercato nei generi alimentari del 71% e rappresenta una vera e propria strozzatura nel passaggio dei prodotti dai campi alla tavola».

Lo scenario, secondo la confederazione dei coltivatori, è quello di «poche grandi piattaforme di acquisto che trattano sul mercato in condizioni di quasi monopolio». Da qui, anche l’appello all’Antitrust perché verifichi «se la grande distribuzione in Italia operi - come la Coldiretti ritiene - in abuso di posizione dominante e con prevaricazione delle migliaia di imprese agricole che non hanno nessun potere contrattuale per opporsi ad un diritto di accesso, pagando dazi per l’ingresso sul mercato».

Un «meccanismo infernale», per i produttori, ma anche per i consumatori. Coldiretti calcola - sulla base di rilevazioni della Camera di Commercio, Ismea e Smsconsumatori - che il 2009 sia «l’anno record dei rincari sugli alimenti». Qualche esempio? Un chilo di pesche ha un prezzo alla fonte di 35 cent e noi lo paghiamo 1,75 euro. Un ricarico, dunque, nel passaggio lungo la filiera che dai campi arriva alla tavola, del 465%. E questo, nonostante lo stesso prezzo del chilo di pesche alla produzione sia crollato, rispetto al 2008, del 53%.

La tabella di Coldiretti riporta altri esempi. L’uva a 47 cent al chilo che viene venduta nel negozio a 2 euro (+326%). La lattuga, da 26 cent a 1,6 euro al chilo (+515%). Le carote, il cui prezzo aumenta addirittura del 1.100%: da 10 cent al chilo a 1,2 euro (mentre il prezzo alla fonte è crollato sul 2008 del 71%). E poi, la pasta di grano duro, la cui forbice è compresa tra 20 cent e 1,4 euro (+400%). Oppure il pane, ricavato dal grano tenero: da 14 cent a 2,7 euro (+1.828%). Infine, il latte, il cui prezzo alla produzione è di 30 cent al litro e noi lo paghiamo 1,35 euro (+350%).

Pasta e pane sono indicati come casi limite. Coldiretti calcola che il prezzo al chilo attuale del grano è più basso di 25 anni fa: è passato infatti dai 23 cent del 1985 ai 14 cent. Eppure, la pasta costa notevolmente di più: dai 52 cent ha raggiunto quota 2,7 euro. Nel contempo, rispetto al 2008, i prezzi di grano duro e tenero alla produzione sono diminuiti rispettivamente del 30 e 33%.

«Pochi centesimi pagati agli agricoltori nei campi diventano euro al consumo», dice Coldiretti. Il risultato è che sia i consumatori (gli italiani spendono 205 miliardi di euro l’anno in alimenti e bevande, dei quali 141 miliardi in famiglia)), sia gli agricoltori s’impoveriscono. «I primi non possono beneficiare della forte riduzione dei prezzi agricoli in atto», mentre i secondi vedono crollare le quotazioni alla produzione, che «nell’ultimo anno sono calate in media del 16% (con punte di -71%)», e avendo scarsi margini, abbandonano i campi.

Fonte
Etrusco
00mercoledì 1 febbraio 2012 11:30

INCHIESTA

Ma perché il prezzo della benzina non scende?

La corsa delle accise regionali e il costo della distribuzione
Da ottobre nuovo aumento dell'Iva dal 21% al 23%

 - E adesso anche la soglia di 1 euro e 80 centesimi è stata superata. Di più. Martedì un litro di verde ha raggiunto quota 1,84. Per ora nei distributori del Centro Italia, ma c'è da aspettarsi a breve un «livellamento» su scala nazionale. Facendoci guadagnare il primato europeo. Non certo per la gioia degli automobilisti, ma per il piacere delle casse del Fisco. Che se l'anno scorso ha incassato 32 miliardi e mezzo, pur senza raffinare una sola goccia di petrolio ma semplicemente attraverso il più comodo prelievo fiscale, quest'anno si prepara a fare festa con maggiori e più consistenti introiti.

Certo non c'è solo il Fisco. Al di là delle fluttuazioni delle quotazioni del greggio e dell'andamento del cambio tra euro e dollaro, sul caro carburanti assume un certo peso anche l'inefficienza di una rete distributiva. Tema sul quale si è cimentato pure il governo con l'emanazione di specifici decreti nell'ambito delle liberalizzazioni.

Al netto di tutto questo, è comunque bene mettersi sin d'ora l'anima in pace: con il nuovo aumento dell'Iva del 2% che scatterà dal 1° ottobre, su ogni rifornimento la «tassa sulle tasse» salirà al 23%.

 

Anche nell'ipotesi di un rallentamento dei consumi di benzina e gasolio, determinato da una riduzione degli spostamenti causa crisi e da un minore utilizzo delle automobili, le casse dell'erario, c'è da starne certi, non ne risentiranno. I consuntivi 2011 insegnano: a fronte di un calo dell'1,3% nelle vendite di carburanti nel corso del 2011, il carico fiscale è cresciuto del 9% e la spesa complessiva risulta aumentata quasi del 16% (15,8% per la precisione). In particolare, secondo una elaborazione del Centro studi promotor (Csp) sulla base della banca dati sui consumi e sui prezzi dei carburanti per autotrazione del ministero dello Sviluppo economico, emerge che in valori assoluti la spesa 2011 per carburanti è stata di 64,3 miliardi con un incremento di 8,8 miliardi, mentre le imposte sono salite a 32,5 miliardi, con una crescita di 2,7 miliardi.

«Un vero e proprio salasso - spiega Gian Primo Quagliano, presidente del Csp - dove i rincari del prezzo alla pompa, più che dagli incrementi del prezzo industriale, sono stati alimentati, soprattutto, dal carico fiscale, che va all'erario».
Tra l'inizio e la fine del 2011 il prezzo industriale della benzina è aumentato del 7,3%, mentre la componente fiscale ha avuto un incremento del 23,8% e il prezzo alla pompa è salito del 16,7%. Ancora più forte il rincaro per il gasolio e in particolare per la componente fiscale: sempre tra l'inizio e la fine del 2011 il prezzo industriale del gasolio è aumentato del 15,4%, la componente fiscale è cresciuta addirittura del 37,1% e il prezzo al consumo è salito del 26%.

E la tendenza all'aumento delle componenti del prezzo alla pompa non si è certo arrestata con l'arrivo del nuovo anno. Secondo i dati rilevati lunedì 30 gennaio dal ministero dello Sviluppo economico, per la benzina il prezzo medio alla pompa è salito a 1,717 euro, con un incremento del 2,5% sui prezzi di fine 2011, mentre il prezzo industriale è salito del 5,2% e la componente fiscale è aumentata dello 0,7%. Analoga situazione per il gasolio: il prezzo medio, rilevato lunedì 30 alla pompa, è salito a 1,685 euro, con un incremento rispetto a fine dicembre dell'1,9%, mentre il prezzo industriale è salito del 3,5% e la componente fiscale è aumentata dello 0,6%. Incrementi di tutto rispetto, soprattutto se si considera che si sono verificati nell'arco di un solo mese.

E gli effetti dei provvedimenti sulle liberalizzazioni decisi dal governo?
«Sulla dinamica dei prezzi in gennaio nessuna influenza hanno potuto avere i nuovi provvedimenti adottati dal governo - risponde Quagliano -. Se effettivi saranno, si vedranno nei prossimi mesi. Va tuttavia sottolineato che l'intervento dell'esecutivo per i carburanti non ha puntato a ridurre direttamente i prezzi alla pompa, ma piuttosto a creare le condizioni per diminuire i costi per i distributori di carburanti nel presupposto che questa riduzione determini anche un calo dei prezzi al consumo. Le esperienze del passato hanno però dimostrato che questo automatismo è tutt'altro che scontato».
A rafforzare questo concetto, condividendo più di una perplessità su possibili ribassi in tempi rapidi, è anche Carlo Stagnaro, direttore dell'Ufficio studi dell'Istituto Bruno Leoni: «Se il prezzo del gasolio alla pompa è aumentato del 26% solo nel 2011, come è possibile immaginare significativi ribassi da quei 4 centesimi che si potrebbero recuperare attraverso una maggiore efficienza della rete di distribuzione?». Stagnaro si lancia anche all'attacco dell'eccessivo peso fiscale che oggi grava su ogni litro di carburante, convinto com'è che una riduzione delle accise potrebbe sicuramente costituire una misura per la crescita: «Il livello dei prezzi è sistematicamente troppo alto per una pressione fiscale esagerata».

E nell'anno che ci siamo lasciati alle spalle, qualcuno forse se l'è già dimenticato, l'esecutivo ha già «prelevato » sei volte al bancomat dei carburanti, con altrettante operazioni fiscali, cominciate il 6 aprile, per il finanziamento del fondo per lo spettacolo e finite il 6 dicembre (8 centesimi in più sulla benzina e 11 sul gasolio), con il decreto salva Italia.

Gabriele Dossena
gdossena@corriere.it Corriere della Sera
1 febbraio 2012 | 8:47© RIPRODUZIONE RISERVATA
Etrusco
00domenica 2 marzo 2014 01:45
Ed ora, come se il costo dei carburanti non fosse già troppo alto, sono state aumentate le accise sui carburanti, così pagheremo altri 0,24 centesimi in più su ogni litro [SM=x44491]

Inoltre è stata aumentata la TASI (la nuova IMU che non è stata tolta come promesso, è stato solo cambiato il nome) ci aspetta la revisione del catasto che in alcuni casi comporterà aumenti del 1000%° [SM=x44492]
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