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Calcio marcio

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Scandalo sul calcio: l'inchiesta

«Scommesse, coinvolte 5 squadre di A»

Il PM di Cremona: almeno 3 partite irregolari. Primi interrogatori, altro filone a Napoli.


Marco Pirani, il dentista di Sirolo al centro dello scandalo
Marco Pirani, il dentista di Sirolo al centro dello scandalo
DA UNO DEI NOSTRI INVIATI
CREMONA - Il primo a rompere il silenzio è Marco Pirani, il dentista di Sirolo portato in carcere dalla passione per le scommesse calcistiche.

Resta davanti ai magistrati 4 ore e a quel punto anche Massimo Erodiani, considerato dai magistrati uno degli ispiratori del traffico di partite truccate, decide di confessare. Alla fine della giornata il bilancio è il seguente: una serie di nuovi match (3 di serie A con 5 squadre coinvolte) entra nel campo dell'inchiesta e una decina di nuovi nomi di giocatori (di serie A e B) affiora nel corso dei colloqui, ma soprattutto il patto del silenzio che teneva insieme il sodalizio si è rotto. «Il quadro accusatorio esce sostanzialmente confermato da questa tornata di interrogatori», dice il gip Guido Salvini. Né lui né altri se la sentono però di svelare i nomi dei club e dei calciatori tirati in ballo. «Anche perché - precisa il capo della Procura Roberto Di Martino - dobbiamo vagliare se le dichiarazioni sono vere; chi ha parlato infatti non aveva conoscenza diretta dei fatti».

Secondo una indiscrezione emersa in serata uno degli incontri di cui si è parlato ieri è Catania-Chievo del 16 gennaio scorso, finito 1 a 1. «Pirani ha confermato la passione delle scommesse ma ha negato di aver avvicinato giocatori per accomodare i risultati», è il primo commento del suo difensore, avvocato Alessandro Scaloni. Pirani è anche il medico che ha compilato la ricetta per l'acquisto del Minias, il farmaco che il portiere della Cremonese Marco Paoloni avrebbe poi versato nel tè dei suoi compagni di squadra per far loro perdere l'incontro con la Paganese. «Sì, ho fatto io quella ricetta - ha detto Pirani al giudice - ma mi era stata chiesta da Paoloni per sua moglie: ero in buona fede e ho usato persino la mia carta intestata». La ricetta del sonnifero, tuttavia, sembra essere l'ultimo dei grattacapi del dentista. «L'imputato ha parlato ben al di fuori dei capi di imputazione che gli vengono contestati», conferma ancora il pm Di Martino.


Dunque è stato Pirani a citare i nuovi incontri truccati con la complicità dei giocatori. E infatti «la posizione di Beppe Signori e Cristiano Doni si è aggravata e ulteriormente circostanziata», aggiunge il titolare dell'inchiesta. Di sicuro si è parlato di incontri sui quali fino a ieri la Procura non aveva il minimo sospetto e che non erano stati captati dalle intercettazioni compiute per sette mesi dalla Squadra Mobile. Dopo Pirani è il turno di Massimo Erodiani, titolare di alcune agenzie di scommesse in Abruzzo che avrebbe fatto da tramite tra gli scommettitori e i calciatori; i suoi legali Giancarlo De Marco e Paolo D'Incecco preferirebbero che il loro assistito scegliesse il silenzio. E invece anche lui parla. Per dire cosa? Che un cliente della sua agenzia aveva un «buco» di 110 mila euro. Non potendo rientrare dal debito ripagò Erodiani con delle dritte su alcune partite di calcio di cui avrebbe conosciuto in anticipo i risultati. E così anche il bookmaker abruzzese sarebbe entrato nel giro.

Il quadro accusatorio mutato convince Antonio Bellavista, ex giocatore del Bari interrogato ieri, a fare scena muta davanti ai giudici. «Sono sopravvenuti nuovi elementi di accusa in seguito alle dichiarazioni di Erodiani e Pirani - dice il suo difensore Massimo Chiusolo - e dunque quando conosceremo questi nuovi fatti decideremo cosa fare». Molto attesa era la deposizione di Marco Paoloni, ma l'ex portiere ha fatto solo una rapida comparsa a Palazzo di Giustizia: giusto il tempo di comunicare la sua intenzione di non parlare e giusto il tempo di salutare in lacrime la moglie venuta ad incontrarlo fugacemente. A Cremona, intanto, bussano anche i magistrati di Napoli che da un paio d'anni conducono un'inchiesta su un giro di scommesse clandestine controllato dal clan D'Alessandro di Castellammare: hanno chiesto ai colleghi lombardi l'invio di una serie di atti.

Fonte: Claudio Del Frate per il Corriere della Sera
04 giugno 2011
© RIPRODUZIONE RISERVATA


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