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Ultimo Aggiornamento: 15/05/2018 16:37
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18/03/2011 20:11

La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressionisti del Musée d'Orsay 19 marzo - 24 luglio Rovereto
ROVERETO - Per una rara ed eccezionale occasione, il voyeurismo diventerà un'attitudine spontanea per tutti i visitatori di un museo italiano. Il motivo è presto detto: ci si troverà di fronte all'opera sessualmente più scandalosa della storia dell'arte. Nessuna pornografica provocazione, ma un soggetto talmente naturale da essere audace e spudorato, eseguito con un stile figurativo di estremo ma raffinato realismo, e con un taglio scenico da immaginario ginecologico. Accade al Mart di Rovereto, dove dal 19 marzo al 24 luglio andrà in mostra "L'origine del mondo", la piccola (le sue misure sono solo 55 centimetri per 46) e prorompente tela di Gustave Courbet, il padre del Realismo francese, eseguita nel 1866 per "il turco", un diplomatico ottomano residente a Parigi, Khalil-Bey, assecondando la sua irreprensibile passione per le donne e il collezionismo d'arte. Protagonista assoluto, il pube di una donna, colto da un prospettiva così ravvicinata da scandagliarne con imbarazzante precisione il sesso femminile, con un blow up tra le cosce divaricate, risalendo sul morbido ventre bianco fino a sbirciare sotto un lembo di lenzuolo tra i seni di una donna che ha regalato all'umanità solo la sua dimensione erogena rimanendo anonima per l'eternità.

Per la prima volta, la leggendaria e controversa opera lascia le
sale del Museo d'Orsay di Parigi, e sbarca in Italia, protagonista pruriginosa della grande mostra "La rivoluzione dello sguardo. Capolavori impressionisti e post-impressionisti del Musée d'Orsay", che porta settantacinque tele portentose che hanno segnato la stagione artistica dalla seconda metà dell'Ottocento, con maestri come Monet, Cézanne, Pissarro, Sisley, Renoir, Degas, Toulouse-Lautrec, Van Gogh, Gauguin, Morisot, Vuillard, Bonnard, Denis, Courbet... Un'operazione prestigiosa e imperdibile resa possibile grazie all'accordo di collaborazione tra il Mart e l'istituzione francese chiusa per restauro (con la riapertura prevista per l'autunno 2011) che ha concesso per la prima volta un nucleo così rilevante di opere in prestito per un'esposizione itinerante di sole tre tappe, che ha toccato Australia, America e ora, unica sede il Mart, l'Italia.

Sotto la cura di Guy Cogeval, in collaborazione con Isabelle Cahn e la direzione scientifica di Gabriella Belli, la mostra appare come una vertiginosa passeggiata attraverso i capolavori assoluti di quei maestri che hanno riscritto la storia dell'arte sotto l'ebbrezza della luce, inarrestabile ed entropica essenza della natura colta dal vero, di quei maestri che hanno scelto di raccontare in presa diretta l'incalzante modernità di un'epoca nuova a colpi di colori innovativi che scardinavano con i loro brevi e fugaci tocchi accostati le regole della tavolozza accademica. E' come sfogliare un manuale di storia dell'arte: la suggestione sta tutta nello scorrere le opere in mostra e riceverne continuamente la sensazione di un dejavu.

Da Monet con la sua scansione del tempo attraverso la visione atmosferica della "Cattedrale di Rouen" (1892), a Van Gogh che lascia trasparire tutta la sua "straziante solitudine" con la narrazione tragica della sua camera nella "Chambre ad Arles" (1889). Da Gauguin, che seduce con l'esotismo delle sue "Donne di Tahiti", ad una delle pochissime donne artista, Berthe Morisot, col suo "Le Berceau" (1873) di finissima carica introspettiva, che fu presentato con scandalo alla prima mostra del'Impressionismo nel 1874 a Parigi. Da Degas con le sue "ballerine" dell'Opera, indagate tra universo femminile e pionieristico senso del dinamismo a Denis con "l'Omaggio a Cézanne" (1900) dove ritrae il gruppo dei Nabis, i Profeti, nella bottega di Ambroise Vollard a testimoniare, come dicono i curatori "una fedeltà all'artista da molti considerato il più importante di quell'epoca". Da Cézanne, allora, con la sua "Montagne Sainte-Victoire" (1890) di Cézanne, a Toulouse-Lautrec con l'universo del Moulin Rouge tra cabarte e can can.

Certo, un manuale di storia dell'arte fino ad oggi lecito. Perché la soglia della clandestinità l'ha superata di gran lunga la "trasgressione dello sguardo" realista di Courbet con L'Origine du monde "dipingendo l'irrappresentabile, il punto di partenza di ogni vita e l'origine del mondo". Quadro scabroso ma anche simbolico, per via di quel titolo filosofico, eccitante e liberatorio, sensuale e profano, che dopo la sua prima acquisizione ha avuto una vita rocambolesca di maliziose occultazioni per quasi centotrenta anni, fino a quando nel 1995 è tornato al pubblico nelle sale del museo d'Orsay, come racconta Thierry Savatier nel suo "Courbet e L'Origine del Mondo", dopo essere stato ceduto allo stato francese dagli eredi dello psicanalista Jacques Lacan, che a sua volta l'aveva acquistato nel '54 dal barone ungherese ebreo Ferenc Hatvany, dopo essere scampato a confische e razzie sotto la seconda guerra mondiale.

di Laura Larcan

Fonte: www.repubblica.it/
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