Le Sacre Scritture e l'omosessualità
L’espressione “contro natura” è l’espressione equivalente della frase greca di S. Paolo para jusin, che fu usata per la prima volta in questo contesto da Platone.
Dall’esame che McNeill ha condotto sull’uso della parola jusiV negli scritti di S. Paolo, si può comprendere con quale significato egli la utilizzasse. Benché sia molto probabile che S. Paolo prendesse la frase dalla popolare filosofia stoica allora corrente, egli non specifica successivamente una natura o una essenza intrinseche in senso filosofico.
Per lui “natura” non era un problema di legge universale o di verità, ma piuttosto la questione del carattere di alcune persone o gruppi di persone, un carattere che Boswell dice «largamente etnico e completamente umano: gli ebrei sono ebrei “per natura” (Ga 2,15), proprio come i gentili sono incirconcisi “per natura» (Rm 2,27).
“Natura” non è una forza morale per S. Paolo: gli uomini possono essere buoni o cattivi “per natura” in conseguenza della propria indole. Negli scritti di S. Paolo non c’è “natura” in astratto, ma è sempre “natura” di qualcuno, dei giudei, dei gentili o degli dei pagani. Quindi, “natura” in Rm 1,26-27 si dovrebbe intendere come la natura personale dei pagani in questione.
Inoltre, “contro” è una traduzione un po’ sviante della preposizione para. Nel Nuovo Testamento significa non “in opposizione a” (espresso da kata), ma, piuttosto, “più che”, “oltre a” o anche “al posto di”.
In conclusione, “contro natura” indica piuttosto un comportamento imprevisto, insolito o differente da ciò che ci si aspetterebbe secondo il normale ordine delle cose: “al di là della natura” forse, ma non “immorale”, non c’è nessuna violazione sottintesa della “legge naturale”.
Quindi, S. Paolo credeva che i gentili conoscessero la verità di Dio, ma la rifiutassero come avevano rifiutato la loro stessa natura nei confronti dei loro desideri sessuali, andando al di là di ciò che era “naturale” per loro e di ciò che era approvato dai giudei.
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