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30/04/2007 00:35

Appuntamento a Palermo il 5 e il 6 maggio per la festa pizzofree
dall'ultimo numero di telegiornaliste


Addiopizzo, il volto della libertà in Sicilia
di Antonella Lombardi



«Un intero popolo che paga il pizzo è un popolo senza dignità». Il 29 giugno 2004 questa frase, scritta su centinaia di adesivi listati a lutto, ha tappezzato le strade del centro di Palermo, svegliando la città dal suo torpore. Vertici delle forze dell’ordine, associazioni di categoria dei commercianti, giornali e televisioni, spiazzati da quei messaggi anonimi, senza loghi né firme, hanno pensato all’iniziativa disperata di qualche commerciante taglieggiato, mettendo in grande risalto la notizia.

Poco tempo dopo, gli attacchini autori di quei messaggi, hanno rivelato la propria identità con una lettera aperta alla città in cui c’era scritto: «Ogni esercizio commerciale che fa un buon fatturato, se non è "amico degli amici", deve pagare il pizzo... Paghiamo per dimenticare che l’insieme di tutti i passi che percorriamo quotidianamente per fare la spesa definisce le maglie della rete economica con la quale la mafia si sostenta e ci opprime».

Una protesta spontanea, partita dal basso, da un gruppo di «Uomini e donne abbastanza normali, cioè ribelli, differenti, scomodi, sognatori». Per lo più ragazzi, chi alle prime esperienze col mondo del lavoro, chi ancora studente, tutti comunque accomunati dalla preoccupazione del controllo della mafia nei luoghi produttivi e decisionali della Sicilia. Ciascuno a chiedersi, come molti altri ragazzi del Sud, se andare via e cercare altrove un’opportunità di lavoro, o restare.

Dall’iniziativa coraggiosa, avviata tre anni fa dal "Comitato Addiopizzo", associazione volontaria e apartitica, guidata inizialmente da poco più di sette ragazzi, sono seguiti altri fatti: contro il pagamento del pizzo, in forme dirette e indirette, l’attività del comitato è riuscita a realizzare una campagna di "consumo critico", con una lista di circa 200 imprenditori e commercianti che hanno detto no al pizzo e 9000 consumatori che li sostengono con i loro acquisti; attraverso il "progetto scuole" sono stati coinvolti 91 istituti nella formazione antiracket; più di 1364 i messaggi di solidarietà che da tutto il mondo sono arrivati al sito; ultima, una proposta di sottoscrizione formale contro il racket ai candidati sindaci di Palermo alle prossime elezioni amministrative. Dei 5 aspiranti candidati, hanno risposto in 4. Tutti, tranne Diego Cammarata, sindaco uscente.

La rivoluzione culturale degli "attacchini" va avanti, nonostante i silenzi complici che ancora coprono le estorsioni. Libera, volontaria, autofinanziata, l’attività del comitato lotta contro un fenomeno che, secondo i dati della Procura di Palermo, riguarda l’80% dei commercianti della città. Inoltre, secondo L’Eurispes, il profitto che la mafia ricava dal pizzo ammonta a circa 10 miliardi di euro l’anno. Se non ci fosse questa zavorra il Pil del Sud Italia sarebbe pari a quello del Nord.

Una "tassa" per qualcosa che spetta di diritto ai propri cittadini e attraverso la quale la mafia di fatto afferma la propria signoria sul territorio. Negando la sovranità al popolo siciliano che intanto, però, si prepara a una nuova, pacifica, mobilitazione. Nel popolare quartiere della Kalsa, dove sono nati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, in piazza Magione, il 5 e il 6 maggio cittadini e commercianti si incontreranno: due giorni di attività per coinvolgere i ragazzi di 50 scuole, ma anche per riflettere insieme a magistrati, giornalisti, scrittori. E per divertirsi in piazza. Riprendendosi ciò che spetta di diritto.

[Modificato da ourinooko 30/04/2007 0.36]

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