I vertici della curia vorrebbero ridimensionare l'influenza del segretario personale del Papa che, soprattutto negli ultimi anni, si è fatto interprete principale della volontà del sovrano. Si vuole evitare che
monsignor Stanislaw diventi l'unico tramite con il Pontefice ammalato, un giorno forse muto.
A capo della segreteria di Stato c'è un altro gruppo molto unito e compatto.
Oltre al
cardinale Sodano, ci sono due uomini che lui stesso si è scelti:
Leonardo Sandri, sostituto per gli Affari generali, e
Giovanni Lajolo, segretario per i Rapporti con gli stati.
Il primo è in pratica il ministro dell'interno della Santa Sede, il secondo è il ministro degli esteri.
L'uomo chiave dei prossimi mesi sarà proprio Sandri (61 anni, argentino): sul suo tavolo passano tutte le decisioni e i provvedimenti della Santa Sede. È il vero regista della macchina vaticana e gode della fiducia e dell'appoggio incondizionato del segretario di Stato.
Fino al 2000, al suo posto c'era il
cardinale Giovanni Battista Re, oggi a capo del dicastero incaricato di nominare i vescovi. In curia nessuno fa mistero delle
divergenze di opinioni che intercorrevano tra lui e Sodano.
Oggi il cardinale Re costituisce un fronte autonomo, forte dell'amicizia del cardinale
Camillo Ruini, vicario del Papa per la diocesi di Roma e presidente della Conferenza episcopale italiana.
Sulle
nomine episcopali la Congregazione per i vescovi, la segreteria di Stato e il segretario particolare del Papa si dividono e questo ha rallentato, se non paralizzato, alcune decisioni.
Si teme che questi episodi possano ripetersi subito dopo l'estate, quando daranno le dimissioni, per raggiunti limiti di età, il cardinale Michele Giordano di Napoli e il cardinale Salvatore De Giorgi di Palermo.
Sono
numerose anche le caselle che stanno per liberarsi in curia.
Tra marzo e settembre dovranno presentare le dimissioni, sempre per raggiunti limiti di età, i presidenti di quattro dicasteri importanti:
Cultura, Chiese orientali, Migranti e Testi legislativi, a cui si aggiunge il prefetto della Congregazione per il clero, già dimissionario.
Dunque
è la partita delle nomine e del futuro assetto dei vertici della Chiesa universale quella che si sta giocando mentre il Papa è in ospedale, lontano dal Palazzo apostolico.
Il cardinale Ratzinger, uomo di fiducia del Papa per le questioni dottrinali, preferisce rimanere in silenzio, in disparte, mentre la stampa internazionale già lo indica come possibile candidato per un «pontificato di transizione» nella linea della continuità con Wojtyla.
La collegialità episcopale, le riunioni comuni tra i diversi dicasteri vaticani, le consultazioni tra cardinali restano ormai solo un'aspirazione.
Il peggioramento della salute del Pontefice ha accelerato quella «balcanizzazione» della curia vaticana divisa in correnti, cordate e amicizie che il carisma di Giovanni Paolo II era riuscito in qualche modo ad arginare.
Sullo sfondo ci sono le mosse destinate a dare una fisionomia più precisa al futuro conclave anch'esso segnato, come mai in precedenza, da una grande frammentazione dei cardinali elettori che contano 55 diverse nazionalità.
Non condivido le tue idee, ma darei la vita per vederti sperculeggiare quando le esporrai.